Se il buon giorno si vede dal mattino, allora l’amministrazione del presidente Trump promette burrasca sul fronte dalla privacy. Durante la campagna elettorale il vincitore della corsa per la Casa Bianca aveva annunciato senza mezzi termini, e con il suo linguaggio sempre diretto ed elementare, che “la sorveglianza è OK”.
La nomina al dicastero della Giustizia del senatore Sessions conferma che non c’è nulla di buono all’orizzonte per il futuro della riservatezza delle informazioni dei privati cittadini, in America come nel resto del mondo. Il senatore dell’Alabama, infatti, ha una storia tutt’altro che rassicurante rispetto alle questioni dei diritti civili, tra cui quelli digitali: un record che ha già ha attirato le preoccupazioni dei legislatori democratici cosi’ come delle organizzazioni per la tutela della privacy.
A sgomberare il campo da dubbi sono arrivate le sue affermazioni nel corso dell’audizione di conferma davanti alla Commissione Giustizia del Senato.
Sessions ha, infatti, affermato che avrebbe sostenuto interventi legislativi per consentire un sistema di rapida identificazione del DNA. Ma non solo: ha rifiutato di prendere un impegno chiaro rispetto alla al carcere per i giornalisti, ha evitato le domande sull’utilizzo dell’intercettazione di massa delle celle telefoniche del Dipartimento di Giustizia, e non ho voluto impegnarsi a pubblicare linee guida su come applicare le leggi federali in casi di hacking governativo. Inoltre, Sessions ha definito di importanza “critica” l’introduzione di leggi che permettano alle agenzie governative di “superare” i sistemi di crittografia.
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