Stop agli under 16 che vivono in Europa, per adeguarsi alle norme del Gdpr. Ma già ora molti minori mentono sull’età e le indicazioni sul consenso dei genitori non convincono.
Cari bambini e genitori, benvenuti nell’ Europa della tutela dei dati personali online. Cosa cambia? Praticamente niente. Se in questi anni i piccoli utenti hanno mentito sull’ età per iscriversi a Facebook e per usare WhatsApp o per navigare su YouTube probabilmente continueranno a farlo.
Le novità annunciate dalle piattaforme nelle ultime settimane non contengono reali stravolgimenti del rapporto con i minori, ma un adeguamento più che altro formale al Regolamento europeo per la privacy che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio. La norma fissa l’ età in cui un giovane utente si può emancipare e può iniziare a scorrazzare da solo su Internet: 16 anni.
I singoli Paesi potranno poi portarla a 13 (l’Italia non ha ancora deciso). Prima del raggiungimento della maggiore età 2.0, i genitori sono chiamati a dare il consenso al trattamento dei dati dei figli. Quindi, di fatto, devono dirsi in qualche modo d’ accordo alla creazione di un profilo, all’ interazione con gli altri e al tracciamento ai fini della raccolta pubblicitaria, su cui si basa l’ intera economia della Rete, dei loro pargoli.
WhatsApp ha preso apparentemente alla lettera la richiesta: in Europa, prima dei 16 anni, o dell’ età indicata da singoli Paesi, l’app non si potrà usare. Così recitano i nuovi termini di servizio. Peccato che, quando si scarica e si inizia a utilizzare l’applicazione di messaggistica non si deve in alcun modo comunicare la propria data di nascita. Il ragazzino o la ragazzina deve limitarsi ad avere una Sim telefonica (che in Italia è legata a un’ identità certificata) per poter iniziare a comunicare con lo smartphone e, nel caso in cui usi il servizio dallo schermo del computer, a seminare tracce in Rete.
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