AgID ha proposto lo Spid anonimo per accertare con sicurezza l’età dei minori sui social media.
Uno SPID anonimo, che non riveli l’identità, ma solo l’età dei minori. È questa la soluzione che AgID ha proposto per accertare con sicurezza l’età dei minori sui social e per impedire agli under 13 di iscriversi a TikTok, Facebook, Instagram, WhatsApp, ecc…
Il decreto legislativo (101/2018), che ha adeguato la normativa italiana al GDPR, vieta agli under 13 l’iscrizione ai social; tra i 13 e i 14 anni ci si può iscrivere con il consenso dei genitori, mentre dai 14 anni in poi è possibile farlo autonomamente.
La proposta di AgID è al vaglio, dal 26 gennaio scorso, del Garante per la protezione dei dati personali e dell’Autorità per l’infanzia e l’adolescenza.
Ricordiamo che il Garante privacy ha vietato a TikTok “l’ulteriore trattamento dei dati degli utenti per i quali non vi sia assoluta certezza dell’età e, conseguentemente, del rispetto delle disposizioni collegate al requisito anagrafico”. Il blocco delle iscrizioni dei minori sarà almeno fino al 15 febbraio. E per la mancanza di tutela dei minori sui social, sono finiti nel mirino del Garante anche Facebook e Instagram. In attesa da parte delle big tech di soluzioni per accertare con sicurezza l’età dei minori sui social, il Governo italiano sta lavorando allo SPID anonimo.
La proposta dello SPID anonimo per i minori sui social è riportata oggi da Il Sole24Ore, che scrive: “Per rilasciare l’identità digitale ai minori – precisano fonti AgID – sarà il genitore a fare richiesta: entrerà con il proprio SPID nell’identity provider, dichiarerà di essere il padre o la madre del minore di cui fornisce il dato di nascita e quelli richiesti dal Dpr 445/2000. Sarà uno SPID anonimo, anche se il gestore consegnerà al genitore un insieme di caratteri con cui il figlio potrà accedere poi al servizio”.
“…una identità attraverso la quale i genitori potranno anche controllare le attività in rete dei figli, venendo avvertiti anche solo dei loro tentativi di accesso a siti pericolosi”, conclude il quotidiano.
“Estendere il domicilio digitale forzato ai minori con la convinzione che questi potranno andare sui social in piena tranquillità è quanto di più sbagliato, illusorio, pericoloso, inutile e limitativo (di diritti fondamentali) possa esistere“, commenta Francesco Paolo Micozzi, avvocato e professore di Informatica Giuridica all’Università di Perugia.
Vedremo quale sarà il parere del Garante privacy e dell’Autorità per l’infanzia e l’adolescenza.
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