L’Authority ha ricostruito quel giorno in cui milioni di italiani si affollarono sul sito Inps per chiedere l’indennità da 600 euro: i dati anagrafici di almeno 42 soggetti e 773 famiglie furono visionati da terzi che in alcuni casi modificarono, cancellarono e inviarono domande non loro. Inps: “Nessun rischio per i diritti e le libertà”. Garante: “Il rischio è elevato”.
Primo aprile 2020. Caos sul sito Inps: milioni di italiani si affollano per richiedere l’indennità di 600 euro. Il portale va in tilt, la sua operatività sospesa per tre ore. Nel frattempo decine – si scopre ora, centinaia – di profili di utenti divengono di pubblico dominio: non solo di altri utenti che entrano col loro Pin per fare la domanda e si trovano davanti nomi di estranei.
C’è anche chi li vede – e poi pubblica gli scatti sui social – senza neppure autenticarsi. E non si tratta solo di visualizzazioni: in almeno 160 casi su 773 (lo ammette la stessa Inps) le domande ancora in bozza per il bonus babysitter vengono modificate, cancellate, inviate da estranei.
Il Garante per la privacy Antonio Soro riceve centinaia di segnalazione da parte di utenti danneggiati. Non si tratta solo di dati anagrafici – nome, cognome, data di nascita, residenza, domicilio – resi all’improvviso pubblici: qui l’Inps parla di 23 schede, l’Authority ravvisa almeno “42 soggetti coinvolti“.
Ma anche di altri dati sensibili – codici fiscali, numeri di telefono e cellulare, indirizzi, mail private e certificate, nomi di figli, presenza o meno di disabilità anche gravi, stato di disoccupazione – legati alla domanda per il bonus babysitter che divengono disponibili ad altri utenti, in grado anche di intervenire sulla domanda ancora in bozza e modificarne i dati….
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