Nel campo della privacy, il 2018 sarà l’anno del nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati varato dalla Commissione Europea. Il GDPR (general data protection regulation) entrerà infatti in vigore dal mese di maggio, obbligando le piattaforme (come Facebook o WhatsApp e tutte le altre) a introdurre regole più chiare sul consenso all’utilizzo dei dati personali, rendendo effettivi i nuovi limiti sul loro trattamento e altro ancora.
Il Vecchio Continente, quindi, batte un colpo su un tema cruciale dell’epoca digitale: la privacy e l’utilizzo che i social network, i motori di ricerca e tutti gli altri colossi di internet fanno delle informazioni personali ed estremamente dettagliate che raccolgono su ognuno di noi. Non solo: “Il nuovo regolamento europeo mostra come l’Europa, gli Stati Uniti e l’industria tecnologica abbiano una visione diversa sul tema privacy”, spiega a La Stampa Willem Jonker, CEO di EIT Digital (ente dell’Istituto Europeo di Tecnologia che promuove la trasformazione digitale sul Continente). “Se consideri gli utenti come dei cittadini, allora i governi hanno la responsabilità di proteggere la loro privacy; se invece li vedi come dei consumatori – com’è il caso dell’industria tecnologica – allora la priorità sarà data alla raccolta dati, che permette di conoscerli sempre meglio”.
Negli ultimi anni, però, sono emerse numerose polemiche sull’uso indiscriminato che alcune piattaforme hanno fatto dei dati personali e sulla scarsa consapevolezza degli utenti: “Ed è proprio per questo che è importante che ci sia il GDPR”, prosegue Jonker. “Possiamo avere qualche divergenza d’opinione sui dettagli del regolamento, ma la cosa più importante è che l’Europa abbia preso posizione per difendere i suoi cittadini dallo strapotere di piattaforme monopolistiche come Facebook, Google o Amazon”.
Ma le differenze tra Stati Uniti ed Europa non si limitano alla questione della privacy. Basti pensare alla decisione del governo Trump di abolire la Net Neutrality, il principio che garantisce a tutti gli attori di internet un accesso uguale alla rete. “La differenza d’approccio è simile a quella che abbiamo visto per la privacy”, spiega il CEO di EIT Digital. “Se consideri internet come un mercato, allora è normale che chi ha più risorse economiche possa comprare una via preferenziale. Ma se invece consideri la rete un’infrastruttura pubblica, tutti devono avere uguale accesso a essa. In Europa si tende ad avere questa seconda visione, soprattutto perché internet è ormai uno strumento vitale per avere accesso all’informazione e quindi un fattore fondamentale per la democrazia. Se permettiamo ad alcune grande aziende di avere un accesso privilegiato, rischiamo di consentire loro anche di decidere quali informazioni possono circolare sul web”.
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