Chiamate promozionali a fini commerciali, come può tutelarsi un consumatore?

Il quesito di oggi ci giunge da M.M di Roma riguardo la ricezione di chiamate commerciali. Al quesito risponde la Dott.ssa Francesca Zuccari DPO at MBS S.r.l.b

Quesito 

Vi scrivo per avere delucidazioni in merito alla ricezione, piuttosto frequente, di chiamate promozionali da parte di operatori commerciali. Come può tutelarsi un consumatore? Tenuto conto che, anche prima dell’entrata in vigore del  Regolamento Europeo n. 679/2016, era vietato chiamare numeri riservati e numeri di cellulare senza il consenso dell’utente. Cosa è cambiato realmente?

M.M. da Roma

Risposta

Gentile lettore, il quesito che Lei ha posto riguarda un disagio purtroppo condiviso da molti, che annualmente presentano migliaia di segnalazioni al Garante per la protezione dei dati personali per lamentare contatti pubblicitari non autorizzati. Già nel 2013, il Garante della Privacy è intervenuto nel tentativo di regolare questa pratica e farla rientrare nei confini della correttezza, proporzionalità e necessità del trattamento dei dati personali, previsti dal Decreto n. 196/2003 con le “Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam”.

Oggi, con il GDPR e con il Registro delle opposizioni, che mediante la L. n. 5/2018 è stato esteso ai numeri fissi e di cellulare, i confini entro cui questa pratica può muoversi, risultano meglio definiti. Innanzitutto, per contattare, tramite operatore telefonico, un potenziale cliente al fine di inviargli pubblicità commerciale o vendergli qualcosa, come del resto già prevedeva il vecchio Codice Privacy (D. Lgs. n. 196/2003) e come tuttora previsto dal GDPR, è necessario rendere idonea informativa e ottenere il consenso espresso e specifico al trattamento dei dati personali per finalità di marketing. Senza una corretta informativa che riporti tutto quanto richiesto dall’art. 13 del GDPR, la chiamata per fini di marketing, risulterebbe illegittima.

Di fronte a questo quadro, nel corso degli ultimi anni è stata rafforzata notevolmente la regolamentazione in tema di telemarketing, da un lato introducendo vincoli stringenti per l’attività dei call center e dall’altro portando a termine la riforma del registro pubblico delle opposizioni, risolutiva per arginare il fenomeno del telemarketing “selvaggio”. Veniamo così al dunque della questione. Il Registro Pubblico delle Opposizioni, istituito con il D.P.R. n° 178/2010 e aggiornato con il D.P.R. n° 149/2018, è un servizio gratuito per l’utente che permette di opporsi all’utilizzo per finalità pubblicitarie dei numeri di telefono di cui si è intestatari e dei corrispondenti indirizzi postali associati, presenti negli elenchi pubblici, da parte degli operatori che svolgono attività di marketing tramite il telefono e/o la posta cartacea.

Con il RPO è possibile bloccare il trattamento dei propri dati personali, presenti negli elenchi telefonici pubblici, da parte degli operatori che utilizzano tali elenchi per svolgere attività di marketing tramite il telefono e/o la posta cartacea. L’opposizione non annulla però la validità dei consensi per contatti con finalità commerciali, rilasciati direttamente dagli utenti alle singole società, fermo restando il diritto di opposizione di cui all’art. 21 del Regolamento (UE) 2016/679. Qualora, nonostante l’iscrizione al registro delle opposizioni o la revoca del consenso, si ricevessero comunque delle telefonate, l’arma dell’utente è senza dubbio la segnalazione al Garante Privacy, che agirà di conseguenza.

Inoltre, la nuova norma rende corresponsabili i soggetti beneficiari della campagna marketing: il Garante privacy potrà colpire così non solo le tante società di call center, ma anche (per esempio) gli operatori telefonici che se ne sono avvalsi.

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